Monaci, inquisitori, sciapodi e blemmi: la scelta del Medioevo da sognare

Costantino Marmo

Verso la fine del suo saggio sui dieci modi di sognare il Medioevo, Umberto Eco, pochi anni dopo il grande successo ottenuto dal suo primo romanzo, Il nome della rosa (1980), descrive il proprio sogno di Medioevo, in risposta al Medioevo prossimo venturo di Roberto Vacca (1972): "il mio Medioevo era inteso come un’epoca di transizione, di pluralità e di pluralismo, di contraddizione tra un impero che nasce, un impero che muore e una terza società che sta sorgendo. Il mio Medioevo si presentava come un’epoca “interessante”, perché era un’epoca di rimescolamento di carte in cui alle grandi penurie si affiancavano le grandi invenzioni, e la prefigurazione di nuovi modi di vita". Effettivamente, il mondo del primo romanzo di Eco rispecchia fedelmente questo sogno con il suo sfondo di lotte tra papato e impero, tra ordini mendicanti, tra eretici e ortodossi, in una società percorsa da forti fermenti di cambiamento. Il secondo romanzo medievale di Eco (Baudolino, 2000) esprime un sogno radicalmente diverso: Baudolino (o il narratore che spesso prende il suo posto) descrive un mondo fantastico, popolato da creature improbabili e da testi menzogneri. Più che di un sogno del Medioevo, si tratta di un “sogno nel sogno”, un sogno al quadrato che affonda le proprie radici nel fertilissimo immaginario medievale che, come vedremo, già faceva capolino ai margini del primo romanzo.

In questo saggio, vorrei rendere esplicite alcune delle fonti di ispirazione dei due romanzi, concludendo con qualche riflessione sul diverso uso di queste fonti e sulle diverse strategie enunciative adottate nei due romanzi di ambientazione medievale di Umberto Eco. Il nome della rosa, nato quasi per gioco con l’idea di scrivere un romanzo per pochi amici/estimatori, è anche un grande puzzle di citazioni e di riferimenti, a opere e oggetti medievali e non, così abilmente fusi all’interno della narrazione da diventare invisibili.
Una ricerca, risalente ormai a oltre trent’anni fa, ha ritrovato un migliaio tra citazioni e riferimenti ad altri testi o oggetti (miniature, bassorilievi, sculture, manoscritti) che hanno ispirato e nutrito la scrittura di Eco. Alla fine degli anni settanta quando lavorava all’ideazione e alla stesura del romanzo, Eco non aveva ancora inaugurato la sua biblioteca di testi antichi e rari: l’enorme successo del primo romanzo gli ha verosimilmente fornito i mezzi per soddisfare la sua grande passione per i libri, anche come oggetto da collezione. La sua biblioteca di libri antichi e rari – come racconta nell’introduzione a La ricerca della lingua perfetta – comincia dal 1983. I successivi romanzi, Baudolino incluso, hanno invece abbondantemente attinto a quella che Eco ha chiamato Bibliotheca semiologica, curiosa, lunatica, magica et pneumatica, ora conservata presso la Biblioteca Braidense di Milano. [...]

 

Il saggio prosegue nel catalogo: L’IDEA DELLA BIBLIOTECA. La collezione di libri antichi di Umberto Eco alla Biblioteca Nazionale Braidense, stampato dall'editore Scalpendi. E' possibile acquistarlo presso le librerie e presso Bottega Brera, il design and bookshop accessibile direttamente dal cortile d’onore del Palazzo di Brera, via Brera 28, Milano.

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